La Parabola del mese


 

 

Insegnamento biblico per il segno dell'Ariete

(dal 20 Marzo 2024)

di Corinne Heline

dal libro "I Misteri del Cristo"


 

Matteo 19:16-30

 

Il Giovane ricco

 

Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: “Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?”. Egli rispose: “Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno Solo è Buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”. Ed egli chiese: “Quali?”. Gesù rispose: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso”. Il giovane gli disse: “Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?”. Gli disse Gesù: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi”. Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze.

Gesù allora disse ai suoi discepoli: “In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli”. A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: “Chi si potrà dunque salvare?”. E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: “Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile”.

Allora Pietro, prendendo la parola, disse: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?”. E Gesù disse loro: “In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi primi”.

 

La parabola del giovane ricco impartisce un insegnamento adatto alla meditazione per l’Ariete.

Questa parabola è una delle più incomprese del Maestro, e una delle più male interpretate. Non è l’uso, ma l’abuso della ricchezza che genera il male e l’errore. Colui che è il Maestro di noi tutti disse anche: “Poiché a chiunque molto è stato dato, molto sarà richiesto”. Il possessore di vaste ricchezze ha una grande responsabilità. Ammassare tesori, sperperarli in piaceri oziosi o folli, o spenderli per la gratificazione della vanità personale, genera un pesante debito karmico che dovrà essere prima o poi liquidato, attraverso preoccupazioni e dolore.

I bambini che dovranno ereditare grandi fortune dovrebbero essere allevati molto attentamente riguardo al loro vero valore e scopo: quando manchi questa educazione, i genitori ne soffriranno perché i loro discendenti non avranno una corretta comprensione e alcuna responsabilità nei riguardi degli altri.

Quando un uomo si rende chiaramente conto della sua responsabilità rispetto alla ricchezza, considera se stesso come un dispensiere della grande abbondanza del magazzino di Dio. Egli comprende di non essere che un canale per il flusso e riflusso dell’offerta con cui benedire e innalzare coloro con cui viene in contatto. Tale dedizione rende un individuo un designato. Essendosi dedicato al Solo Bene egli attrae solo Tutto il Bene, e la sua vita diventa ispirazione ed esempio da emulare.

È difficile per la persona media dissociare le cose dallo spirito che sta dentro e dietro alle cose. Ralph Waldo Emerson, il saggio americano, scrisse: “Le cose sono in sella e cavalcano l’umanità”. Ciò è veramente applicabile al mondo moderno. Il vero scopo e fine della vita umana, tuttavia, è per l’uomo quello di sublimare i propri pensieri ed emozioni riguardo il possesso materiale in modo di identificarsi con lo spirito che sta sopra e oltre le sue proprietà fisiche. Questo spirito è il potere di Dio, il Solo Buono; e l’unione con Esso attrae tutto ciò che è nobile e alto, bello e vero. Questo era l’ideale che il Maestro proiettò al giovane discepolo dicendo: “Vendi tutto quello che hai… e seguimi”. La squillante chiamata dell’Ariete non si rivolge all’io personale, ma all’IO SONO per richiamare e affermare la sua divinità stabilendone il dominio sopra tutte le cose.